Come tutti sappiamo la controversia intorno a questa pianta è nata dal fatto che alcune sue caratteristiche chimiche si prestino per la realizzazione di sostanze psicotrope, attualmente non legali nel nostro Paese.
Tuttavia, sarebbe riduttivo relegare la cannabis alla sola funzione produttiva di sostanze psicotrope, dal momento che sono state acclarate le sue potenzialità dal punto di vista agro-industriale e, soprattutto, terapeutico.
In questo articolo scopriremo perché i principi attivi presenti nella pianta di cannabis, quali il CBD ed il THC, siano entrambi di fondamentale importanza per la cura o il trattamento di molte malattie. Parleremo di vari studi scientifici atti a dimostrare le potenzialità curative della pianta di cannabis; tratteremo infin le vie di somministrazione di tale sostanza e daremo informazioni dettagliate sull’uso e sull’abuso.
Contenuti
- 1 Uno sguardo generale
- 2 Sicurezza ed efficacia
- 3 I benefici terapeutici della cannabis
- 4 Il potere curativo
- 5 Campi di applicazione della cannabis medica
- 6 Cannabis e digestione
- 7 Cannabis e trattamento del dolore cronico
- 8 Cannabis e salute mentale
- 9 Cannabis e malattie degenerative
- 10 Marijuana medica e cancro
- 11 La somministrazione della cannabis terapeutica
- 12 Uso e abuso
Uno sguardo generale
La moderna ricerca scientifica e medica conferma che la cannabis è un validissimo sostegno per moltissimi trattamenti in ambito terapeutico ed in applicazioni cliniche. Tra queste vi sono l’alleviamento del dolore, in particolare dolore neuropatico, nausea, spasticità, glaucoma, e disturbi del movimento. La marijuana è anche un potentissimo stimolante per l’appetito, e proprio per questo è destinata anche a pazienti che soffrono di HIV, demenza o depressione.
Ricerche dimostrano che i cannabinoidi ed i terpeni che si trovano nella cannabis agiscono insieme per proteggere il corpo contro alcune tipologie di tumore maligno.
Proprio per le tante potenzialità di questa pianta, in Italia sono già numerose le start-up emergenti nel settore agricolo ed industriale, e sono diverse le regioni che si stanno muovendo per legalizzare le coltivazioni controllate destinate a questo scopo. Altrettanto validi sono i suoi utilizzi terapeutici, dal momento che è stato conclamato il valore di questa pianta in campo medico e biomedico.
Non tutti sanno che la pianta di cannabis può avere due differenti chemiotipi:
– chemiotipo CBD (cannabidiolo)
– chemiotipo THC (tetraidrocannabidiolo)
Il chemiotipo rappresenta la differenza di componenti chimici provenienti da una stessa pianta ed è importantissima per distinguere le coltivazioni legali di cannabis da quelle non consentite. Nello specifico, infatti, il chemiotipo “buono” che può essere usato per scopi terapeutici è il CBD, che si caratterizza per l’enzima CBDA-sintetasi. Le piante idonee sono quelle con contenuti di THC inferiori al 7% ma, stando a studi condotti ormai da diversi anni, il THC ha altresì un elevato potere curativo, nonostante sia il principale componente delle sostanze psicotrope derivanti dalla cannabis.
Le selezioni delle piante di cannabis per uso terapeutico, caratterizzate dal chemiotipo CBD, sono iniziate nel XX secolo in Europa e sono oggi diffuse in tutto il mondo. Queste piante sono quasi completamente scevre da qualsiasi cannabinoide psicotropo, presentando esclusivamente alte concentrazioni di CBD, ottimizzato nelle quantità per l’utilizzo terapeutico.
In Italia, i progetti per l’utilizzo della cannabis terapeutica sono al vaglio in numerose regioni, tra cui la Puglia, la Sicilia e la Liguria.
Sicurezza ed efficacia
La cannabis ed il suo principale principio psicoattivo, il THC, sono considerati di incredibile sicurezza per quanto riguarda il consumo da parte degli esseri umani. Il Drug Awareness Network Annual Report contiene una lista specifica di tutte le morti che sono avvenute negli Stati Uniti ogni anno per colpa delle droghe. In accordo con questo report, non vi è alcuna traccia di morti per uso di cannabis. Di questo non c’è da stupirsi, poiché numerosi studi nel corso del tempo hanno dimostrato quanto sia fisicamente impossibile per un essere umano morire per overdose di marijuana.
I benefici terapeutici della cannabis
La pianta di cannabis è stata sempre utilizzata dall’umanità nel corso della storia; si crede che sia stata originata in Asia Centrale, ma che si sia estesa su larga scala, a livello mondiale, nel corso del tempo.
Tutte le persone sparse per il mondo hanno usato e continueranno ad usare questa pianta per un unico motivo: la cannabis fa stare meglio.
Sappiamo che tutti gli essere umani presentano dei recettori per i cannabinoidi all’interno del corpo: questi recettori sono pronti a legarsi con i cannabinoidi che si trovano all’interno della pianta, coloro che sono responsabili dei benefici terapeutici e che quindi sono utilizzati per il trattamento di numerosissime patologie.
I recettori dei cannabinoidi sono presenti all’interno del corpo umano già da prima della nascita; basti pensare che il latte del seno materno presenta endocannabinoidi oltre che altri nutrienti. Endocannabinoidi che sono necessari per proteggere il bambino da virus, batteri e fattori che possono causare il cancro.
La cannabis terapeutica guadagna dunque molti meriti in ambito medicinale se si considera che il nostro sistema interagisce naturalmente con i cannabinoidi, al fine di trovare un giusto equilibrio, e se si considera che i benefici della marijuana ad uso medico siano ormai più che riconosciuti.
Il potere curativo
Se è stato ormai acclarato che il chemiotropo CBD abbia effetti benevoli sulla salute e sia, ormai, considerato un elemento curativo, più controversa è la vicenda del chemiotropo THC, considerato l’elemento negativo della cannabis ma che, a quanto pare, rappresenta la sua parte curativa più importante.
Al di là delle considerazioni varie relative all’utilizzo della canapa come stupefacente, su cui nessuno oggi dibatte, è pur vero che fin dalla notte dei tempi le piante di canapa sono state impiegate dalla medicina tradizionale.
Le limitazioni al suo utilizzo sono nate nel XX secolo con l’approvazione delle leggi sul proibizionismo, che negli ultimi anni sono state in parte riviste per favorire il riutilizzo di questa pianta in campo terapeutico.
Oggi, infatti, non c’è da stupirsi se in commercio siano numerosi i farmaci a base di cannabinoidi, da utilizzare prevalentemente per il dolore neuropatico e spastico, seppur la sua azione sia stata conclamata anche in altri ambiti.
Campi di applicazione della cannabis medica
I campi di applicazione della cannabis in ambito curativo sono svariati. Sicuramente, gli studi scientifici condotti in merito hanno confermato senza dubbio l’efficacia contro la nausea e il vomito, spesso indotte da altre patologie, ma anche contro l’anoressia e la cachessia e contro i dolori di tipo neurogeno. Sono ancora da verificare, invece, gli effetti benefici contro il glaucoma e l’asma, che non sembrano così eccellenti come in altri ambiti.
Gli effetti terapeutici della cannabis contro il cancro e le malattie autoimmuni sono tuttora oggetto di studi molto importanti.
Ovviamente, questo è un campo della medicina che dev’essere ancora esplorato nella sua interezza e che non può ancora dare certezze sull’efficacia della cannabis terapeutica; tuttavia, gli studiosi che lavorano ai progetti relativi all’utilizzo medicinale della cannabis contro il cancro sono fiduciosi nel fatto che dalle proprietà di questa pianta sia possibile estrarre importanti principi attivi per medicinali che potrebbero avere un impatto davvero benefico.
Cannabis e digestione
Molti di voi sapranno che non è un segreto il fatto che la cannabis aiuti a modulare l’appetito. L’esperienza della “fame chimica”, che è uno dei famosi clichè della cannabis, è infatti una dimostrazione lampante di quanto il sistema endocannabinoide aiuti attualmente nel trattamento di disturbi alimentari. Uno studio pubblicato sull’International Journal of Eating Disorders dimostra che la cannabis ha una provata efficacia anche nel trattamento dell’anoressia.
La marijuana è rinomata anche per la notevole riduzione di sensazioni di nausea, ma altri studi confermano che il suo utilizzo possa essere esteso nel trattamento di serie malattie con il diabete, l’obesità o la malattia di Crohn, ovvero forme croniche di enterite.
Cannabis e trattamento del dolore cronico
Il dolore cronico è una delle più diffuse patologie per le quali un dottore possa prescrivere marijuana terapeutica. Molti pazienti affetti da dolore cronico alle ossa e alla colonna vertebrale testimoniano per il 90% dei casi che vi sia stato grande o moderato alleviamento del dolore. Studi suggeriscono che la cannabis possa dunque essere usata per il trattamento di cefalee o di fibromalgia, al fine di essere sostituita ad anti-dolorifici ed anti-infiammatori molto più costosi e per niente naturali.
Cannabis e salute mentale
Una visione comune sbagliata, dettata forse dalla disinformazione, fa credere che la cannabis abbia effetti dannosi per la salute mentale di un individuo. Seppur eccessive dosi di THC possono comportare attacchi di ansia o paranoia (ma molti studiosi credono che questo sia legato a predisposti disturbi della personalità o psicosi), questo non è ancora stato del tutto dimostrato attraverso studi importanti.
I ricercatori hanno tuttavia investigato su possibili relazioni tra la cannabis e numerosi campi d’applicazione per la salute mentale. Sono moltissimi i casi in cui è presente un forte collegamento tra i trattamenti e l’utilizzo della cannabis.
Nonostante la ricerca sia in continuo movimento in questo settore, possiamo con certezza affermare che la cannabis può avere impatti benefici nel trattamento di casi di astinenza da alcolici, oppiacei o altre droghe pesanti, così come può avere un impatto notevole nel trattamento di depressione, schizofrenia e fobie.
Cannabis e malattie degenerative
La cannabis non è solo legata alla salute mentale e alla psiche dell’individuo; può avere un impatto notevole sul cervello e sullo sviluppo dello stesso, per non parlare dell’impatto sul trattamento di malattie neurodegenerative. Tutto ciò è ricollegabile al fatto che i recettori per i cannabinoidi siano presenti all’interno del cervello umano prima ancora della nascita dell’individuo stesso.
La cannabis è stata collegata alla neurogenesi, ovverno alla creazione di neuroni all’interno del cervello. In aggiunta al suo ruolo di sviluppo del cervello, la marijuana terapeutica presenta numerose proprietà neuroprotettive che aiutano nel trattamento di malattie come l’Alzheimer, il Parkinson e l’emicrania.
Marijuana medica e cancro
Una delle più intriganti e potenziali applicazioni della cannabis terapeutica è proprio il trattamento del cancro.
Sono ormai noti da tempo gli effetti negativi della chemioterapia, e gli oncologi di tutto il mondo stanno ricercando e lavorando su tanti esperimenti perché si determini se la cannabis possa essere usata per il trattamento del cancro.
Da diversi anni si discute sui possibili effetti benefici del chemiotipo THC sulla cura contro il cancro. In particolare, si è iniziato a valutare questa ipotesi da quando alcuni studiosi dell’università di Madrid hanno condotto una ricerca in merito, evidenziando alcune molecole capaci di contrastare efficacemente gli effetti di questa malattia. Era il 2009 e da allora sono stati condotti tantissimi altri importanti studi che, in effetti, hanno portato a una conclusione positiva. Specificando che il chemiotropo THC è presente in varie tipologie nella pianta della cannabis, la forma delta-9-THC è considerata quella più attiva in questo senso secondo la Food and Drug Administration americana, l’organo amministrativo che negli Stati Uniti si dedica alla regolamentazione dei farmaci e dei prodotti alimentari. Nello specifico, l’ente governativo americano considera questa molecola come un valido strumento per contrastare i disturbi legati alle malattie cancerogene e agli effetti collaterali legati alla chemioterapia.
Ricerche passate hanno dunque mostrato come il THC sia promettente nella cura del cancro, ma molti sono ancora scettici riguardo l’uso di prodotti a base di THC per via dei suoi effetti psicotropi. Come conseguenza di ciò, molti studiosi hanno indirizzato la loro attenzione verso il CBD ed il CBG.
Un recente studio britannico ha dimostrato tuttavia che i cannabinoidi possono avere un’efficacia davvero notevole contro il cancro quando essi sono combinati in una maniera tale da agire in modo sinergico (ovvero l’azione di tutti i cannabinoidi combinati insieme è più efficace di quanto non lo sia un singolo cannabinoide che opera da solo).
Quello che ancora bisogna valutare è l’effettiva efficacia del THC nel contrastare l’avanzamento delle cellule tumorali: test condotti in laboratorio hanno evidenziato in alcuni soggetti un rallentamento della progressione della malattia fino all’80%. Tutto questo dev’essere ancora accertato e sono in corso numerosi studi in merito: se fosse confermata la teoria dell’autofagia delle cellule tumorali, sarebbe una conquista per l’umanità, la dimostrazione che la cannabis terapeutica ha vere e comprovate funzioni benefiche anche in presenza di una malattia invalidante e distruttiva come il tumore.
Nell’ambiente scientifico vige ancora la massima cautela in merito. Nonostante gli studi procedano a pieno regime e i risultati siano spesso pubblicati sulle riviste scientifiche di settore, ovviamente, si tratta di rapporti parziali che si basano sull’empiriticità degli esperimenti, senza che esista una prova certa al 100% e inconfutabile, che possa eliminare qualsiasi dubbio in merito e dare, quindi, il via alla somministrazione diffusa della cannabis terapeutica come trattamento per il cancro.
La somministrazione della cannabis terapeutica
Sono diverse le strade percorribili per la somministrazione della cannabis terapeutica. Quelle più frequenti sono la forma orale e l’inalazione. Bisogna specificare che le due modalità di somministrazione presentano differenti effetti sull’organismo, giacché con la somministrazione orale, ovvero attraverso cibi, si mette in funzione il fegato che metabolizza la molecola di THC e, quindi, gli effetti psicoattivi di questo metabolita sono sostanziatamene più intensi e mercati rispetto alla normale inalazione.
Infatti, tutti i medici sono concordi nel dire che la migliore modalità di somministrazione della cannabis terapeutica sia l’inalazione, attraverso la vaporizzazione ma anche attraverso il fumo. Tuttavia, la somministrazione orale è quella più semplice, perché è ovviamente meno difficoltoso realizzare medicinali in capsule o in pastiglie piuttosto che in altre forme.
La scienza, però, sta facendo grandi passi in avanti anche verso questa direzione: una casa farmaceutica olandese ha sviluppato un medicinale a base di THC che può essere fumato e, quindi, inalato, in cui il contenuto di THC è controllato e titolato, in modo tale che rientri entro i limiti terapeutici prescritti per legge.
In questo senso, però, l’Italia è ancora un passo indietro rispetto ad altre realtà europee e mondiali, perché anche se il progetto del Ministero della Salute per la coltivazione su larga scala della cannabis terapeutica esiste, purtroppo ancora non è stato definito nella sua interezza e, quindi, non può essere applicato.
Questo è il motivo per il quale le ASL sono costrette a importare dall’estero i medicinali a base di cannabis prescritti a determinati tipi di pazienti; medicinali molto costosi per i quali a volte non vengono nemmeno elargiti finanziamenti.
Mentre in Italia ancora si lotta per veder approvata nella sua interezza la legge che regolamenta la cannabis terapeutica, negli Stati Uniti sono un gradino avanti e sono già allo studio dei sistemi per velocizzare e semplificare le modalità di prescrizione dei medicinali a base di cannabis per i malati di cancro.
Tra queste terapie, inoltre, negli Stati Uniti è prevista anche la somministrazione della marijuana, in dosi e in regimi controllati dal medico curante, ma comunque legalizzata per il consumo personale terapeutico.
Uso e abuso
Come per tutte le sostanze chimiche, anche l’uso (ma soprattutto l’abuso) della cannabis terapeutica, può portare all’insorgenza di effetti collaterali.
Anche se utilizzata nelle dosi strettamente prescritte dal medico curante, infatti, in alcuni soggetti la cannabis terapeutica causa giramenti di testa, svenimenti e repentini cambi di umore.
Si tratta di effetti scientificamente provati e legati alla presenza del chemiotipo THC e sono gli effetti che vengono solitamente riscontrati anche in alcuni soggetti praticamente sensibili dediti al consumo di marijuana.
Esistono anche casi di effetti collaterali più gravi che portano alla comparsa di psicosi, allucinazioni e all’accuirsi di situazioni di depressione e di stati bipolari (ma questo è legato a forme di predisposizione già presenti nell’individuo che ne fa uso).
Tutto questo, però, non dev’essere un freno all’impiego della cannabis terapeutica: i medici stessi sono concordi nel sottolineare come gli effetti collaterali del THC siano da considerarsi alla stregua di qualsiasi altro effetto indesiderato causato da un principio attivo qualsiasi.
Diverso è il caso dell’abuso. Non bisogna mai dimenticare che il THC sia a tutti gli effetti considerato una sostanza psicotropa e, pertanto, causa in alcuni soggetti una condizione di dipendenza mentale che può diventare patologica. Questo tuttavia dipende soprattutto dalla predisposizione del soggetto e del suo rapporto con le “dipendenze” in generale.
Alcuni esperimenti clinici hanno sottolineato che nei pazienti a cui è stata sospesa la somministrazione dei farmaci a base di THC dopo un periodo relativamente lungo, sono comparsi sintomi riconducibili all’astinenza. Una minima parte di soggetti hanno manifestato insonnia, cambiamenti d’umore e variazioni dell’appetito. Si tratta in percentuale di una parte minima di pazienti ma, comunque, rilevante ai fini della ricerca scientifica.
Quello che, invece, è stato riscontrato è che non si raggiunge il livello di tolleranza, ossia non sono stati riscontrati casi in cui l’organismo del paziente abbia richiesto un incremento della quantità di THC somministrata per continuare a considerare la terapia efficiente come, invece, accade con altri tipo di sostanze psicotrope impiegate in medicina.
La cannabis terapeutica ha un potenziale curativo potenzialmente elevato ed è per questo motivo che medici e scienziati confidano nella scienza per ottenere risultati dimostrabili in tal senso.