Dall’Impero Romano a Napoleone, fino alle Americhe
Impero Romano
La politica dei Romani, insieme all’enorme crescita del potere ecclesiastico, riuscì a cancellare molti culti e rituali popolari, in favore del Cristianesimo Universale e del Sacro Romano Impero; vietando l’apprendimento e lo studio del latino alla gente comune, le sacre scritture vennero liberamente interpretate e riscritte dai dotti ecclesiastici – eliminandone le parti ritenute diaboliche ed eretiche.
Periodo dell’Inquisizione (XII)
Questo clima di terrore, sfociato poi nei tribunali dell’Inquisizione del XII secolo, colpì anche la cultura e l’uso della cannabis: in Spagna ne fu vietata l’ingestione, in Francia ogni uso medicinale. Giovanna d’Arco, ad esempio, venne accusata di usare ogni tipo di “erba diabolica, compresa la cannabis” per i suoi rituali di stregoneria.
La bolla papale del 1484 e la repressione ecclesiastica non riuscirono comunque ad impedire la diffusione della canapa nel nord Europa. Le estese coltivazioni in Romania, Cecoslovacchia e Ungheria da una parte e in Irlanda ed Inghilterra dall’altra garantivano uso e diffusione dei suoi derivati in tutto il mondo.
Nel 1533 Enrico VIII ordino’ ai contadini inglesi di “coltivare un quarto di acre a cannabis o lino per ogni 60 acri di altre coltivazioni” e nel 1542 lo svizzero Leonard Fuchs proponeva un’accurato disegno della Cannabis Sativa nel suo De Historia Stirpium.
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Mentre dall’anno mille i paesi arabi e mediterranei avevano imparato ad usare la pianta come intossicante, è verso il 1500 che i viaggiatori di ritorno da Africa e Asia ne introdussero in Europa l’uso come medicina. Nel Medioevo si diffondono diversi preparati a base di cannabis e il famoso “The Anatomy of Melancholy” del sacerdote inglese Robert Burton (1621) la consigliava per il trattamento della depressione. Anche l’applicazione di radici di hemp per infammiazioni della pelle, descritto nel New English Dispensatory del 1764, era un rimedio ben noto alle popolazioni dell’Europa orientale.
Ma è grazie al giovane professore indiano W. B. O’Shaughnessey che le virtù terapeutiche della pianta acquistarono fama e diffusione in occidente. In una relazione del 1839 egli descrisse usi e benefici della cannabis appresi in India, corrobati da una serie di esperimenti su animali e persone in malattie quali rabbia, reumatismi, epilessia, tetano – tutti coronati da indiscutibile successo. Egli definì la cannabis “il perfetto rimedio anticonvulsivo” per le sue qualità analgesiche e rilassanti. Dal 1842 iniziò a raccomandarla presso medici e farmacisti inglesi, e ben presto anche negli USA venne prescritta in numerose malattie.
Perfino il medico della Regina Vittoria la usava regolarmente per la sua paziente, e preparazioni a base di cannabis si potevano acquistare regolarmente nelle farmacie. La letteratura scientifica produceva precisi rapporti sui benefìci riscontrati, e nel 1860 il dottor M’Meens presentò una relazione di fronte all’Ohio State Medical Society in cui si descriveva l’efficacia della cannabis per tetano, dolori vari, dismenorrea, convulsioni, epilessia, gonorrea, reumatismi, nevrosi, parti difficili, asma, bronchiti.
Nella storia dell’Italia
In Italia l’uso medico dell’hashish venne citato per la prima volta dal medico Nicola Porta, del manicomio di Aversa (Annali, vol.CLXVII,1858). Nel 1894 – 97 venne diffuso un primo studio – Intorno alla anatomia della canapa – negli Atti dell’Istituto botanico di Pavia, serie II, voll. III e IV.
Ma è il Professor Raffele Valieri, primario dell’Ospedale degli Incurabili a Napoli, ad usarla diffusamente e a raccomandarne l’uso medico. Nel 1887 pubblicò anche un curioso e dettagliato libretto dal titolo “Sulla canapa nostrana -cioè quella italiana- e suoi preparati in sostituzione della cannabis indica“, pieno di osservazioni e consigli molto validi anche oggi.
Piero Arpino descrisse le preparazioni a base di cannabis utilissime in 43 malattie, in un suo libretto del 1909, “Hashish e Cannabis Indica”.
Tuttavia, come rileva Cesco Ciapanna in “Marijuana e Altre Storie” (1979), pare che nessuna traccia di questi insegnamenti sia rimasta nella farmacopea e nella cultura popolare del sud d’Italia.
Tornando alle scoperte archeologiche, altri reperti documentarono che le prime pipe ad acqua con tracce di cannabis venivano usate in Etiopia intorno al 1320, e il fondatore turco della dinastia Moghul che governo’ gran parte dell’India tra il XVI e il XIX secolo, Babur il Grande, descrisse l’uso della tintura di ganja e oppio in un suo scritto del 1505.
Mezzo secolo dopo, lo scrittore – medico – benedettino francese François Rabelais pubblicò “Gargantua e Pantagruel”, un’ampia ed ilare opera di narrativa; nel terzo libro troviamo una dettagliata descrizione della botanica e delle qualità psicoattive della cannabis, l’erba ‘Pantagruelion’. Informazioni precise su semina, coltivazione e raccolto si alternano a notizie sull’uso come fibra, medicinale, religioso – occupando parecchie pagine e spuntando nel racconto in diversi momenti. Di certo, l’opera rappresenta la prima completa esposizione storico – culturale della canapa del mondo occidentale, venata di contagiante ilarita’ e ironica critica a costumi ed usanze dell’epoca.
Allo stesso filone possiamo collegare la nascita di quella cultura popolare che prende l’avvio in quegli anni nell’area marocchina e che diverra’ presto famosa ovunque. Sultani e persone comuni vengono descritti nelle situazioni piu’ divertenti e imbarazzanti, non risparmiando strali ironici all’eccessiva rigidezza mentale tipica di chi non consuma il kiff.
Cambiando continente, scopriamo che la Storia fissa la data d’arrivo della cannabis nel Nuovo Mondo quando i Vichinghi raggiunsero le coste della Nuova Inghilterra nel X secolo. Sempre secondo la storiografia ufficiale, furono poi le spedizioni spagnole comandate da Diego de Almagro e Pedro de Valdiva (1530 – 1545) a farla conoscere ai nativi dell’odierno Cile. Tuttavia alcune fonti alternative, R. Hakluyt (1582), H. Mertz (1953), C. Gordon (1971), propongono uno scenario ben diverso: già intorno al 500 a.C. mercanti ed avventurieri ebrei, romani e fenici erano soliti approdare regolarmente sulle coste americane, per non parlare dei frequenti traffici con la Cina. Ed è fuor di dubbio che fra le innumerevoli mercanzie trasportate fossero presenti sacchi di semi di canapa. Inoltre, le prime pipe ritrovate nelle Americhe, in legno e/o pietra scavati, vengono datate ancor prima del 500 a.C. e rivelano chiare somiglianze con analoghi strumenti rinvenuti in Medio Oriente e risalenti al I secolo a.C.
Infine, nel Traite’ du Tabac ou Panace’e Universelle (Lione1626) il Dr. Leander descrive l’uso cerimoniale di alcune erbe da parte dei nativi nord – americani, “erbe che portano all’estasi ed alla comunicazione con gli dei“.
Nel 1563 il medico spagnolo Garcia Da Orta (1501 – 1568) pubblica un ampio resoconto dei suoi viaggi in Oriente, Colloquies on the simples and drugs in India, dove vengono descritti per la prima volta gli effetti della cannabis sugli abitanti del subcontinente indiano. Tale testo rimarra’ unico nel suo genere fino alla seconda meta’ del 1800, quando apparvero gli scritti di Moreau, Gautier, Baudelaire. Le descrizioni del Da Orta vennero poi riprese – con una certa esagerazione, per la verita’ – dallo scrittore e viaggiatore olandese J. H. Van Linschoten nel suo Itinerario, datato 1596
Restando nel Nuovo Mondo, scopriamo che intorno al 1600 il farmacista canadese di Champlain, Mr. Hebert, coltivava un vasto campo di cannabis per i suoi preparati e nel 1611 a Jamestown i primi coloni la piantavano per fibra.
In quegli anni, la Virginia (1629) e il Connecticut (1637) emanarono le prime leggi che imponevano la coltivazione della pianta per favorire lo sviluppo dell’industria dei tessuti: la cannabis si diffuse ovunque rapidamente.
George Washington, primo presidente degli Stati Uniti, scriveva nel suo diario (12 – 13 maggio 1765) : “Seminato hemp”. E ancora al 7 maggio: “Iniziato a separare i maschi dalle femmine, ma forse è troppo tardi.”
In quegli anni era comunque la Russia a produrre l’80% della cannabis del mondo, vendendone anche i migliori manufatti (vele, reti, corde, tappeti). Dovendo rimpiazzare 50 – 100 tonnellate di canapa ogni due anni per la sua enorme flotta, la Gran Bretagna ne divento’ presto il principale acquirente, mentre fra gli stati confederati il Kentucky raggiunse nel 1860 la produzione – record di oltre 40.000 tonnellate.
Napoleone
Nel 1798, durante la campagna d’Egitto, Napoleone emanò un decreto che vietava ai soldati francesi di “bere il forte liquore fatto dai musulmani con un’erba detta hashish e fumare le foglie della cannabis”. Ma al ritorno della spedizione in Europa, l’uso dell’hashish prese a diffondersi in tutta la Francia.
Nel 1809 Sylvestre de Sacy suggerì per primo la derivazione del termine ‘assassini’ dall’arabo ‘hashishiyyun’, riferendosi ad una vicenda storica accaduta intorno all’anno mille. Al – Hasan ibn – Sabbah aveva messo su una setta musulmana dissidente che era solita terrorizzare in quegli anni le popolazioni del nord della Siria, della Persia e finanche dell’India. Omicidi, stragi e distruzioni vennero rapidamente attribuiti al gruppo, che avrebbe agito sotto gli influssi dell’hashish – da cui il nome di Ashishin. Anche messer Marco Polo, trovatosi a transitare da quelle parti verso il 1271, confermava il terrore suscitato nella regione dalla banda. Ma studi recenti e dettagliati hanno chiarito come non ci fosse alcun tipo di relazione tra l’uso di hashish e le violente scorribande (P.K. Hitti, The Assassins, in The Book of Grass). Purtroppo questa vicenda è stata spesso usata in cattiva fede come propaganda contro l’uso della cannabis e suoi derivati, generando falsi miti ed errate informazioni.
Fu nuovamente Napoleone a far tornare la pianta alla ribalta della storia, nel corso della guerra franco – inglese conclusasi con la sua definitiva sconfitta di Waterloo nel 1815. Con l’obiettivo di isolare l’odiata Gran Bretagna, la Francia napoleonica iniziò a premere sullo zar Alessandro I per bloccare gli indispensabili rifornimenti di canapa alla flotta inglese. Costretto a vendere la Lousiana agli Usa per un prezzo ridicolo (5 cent per ettaro) in cerca di finanziamenti, nel 1810 Napoleone decise d’intervenire con le armi nei confronti della tentennante Russia. La flotta Usa ne approfittò subito, vendendo allo zar rum, zucchero, caffè, tabacco ed avendone in cambio hemp, prontamente girata agli Inglesi. Inglesi che riescono però a trovare un nuovo accordo con Alessandro I, proprio per garantirsi il rifornimento di canapa a costi più bassi: il Congresso Usa risponde con l’entrata in guerra al fianco di Napoleone. Obiettivo finale è la realizzazione del sogno del ‘destino manifesto’, ovvero la conquista del Canada. La disastrosa campagna di Napoleone in Russia liberò presto gli inglesi dagli impegni europei ed i tentativi bellici americani vennero parati con successo.
Il trattato di Ghent (1814) chiuse la partita, garantendo definitivamente l’inviolabilita’ dei confini canadesi da una parte e la liberta’ di commercio per le navi americane dall’altra.
Ovviamente, nei libri di storia delle scuole di ogni parte del mondo non c’è traccia del ruolo avuto dalla cannabis in quest’importante evento – ma non e’ certo il caso di stupirsene.