Cannabis terapeutica legale in più della metà degli stati d’America, ma non per loro. Parliamo degli sportivi forse più emblematici della federazione a stelle e strisce, quei giocatori di basket che sono il fiore all’occhiello della tradizione sportiva americana.

Per i giocatori dell’NBA, nonostante la cannabis sia stata sdoganata sotto il profilo legale per i comuni cittadini, permane il divieto imposto dall’antidoping, un divieto che sembrerebbe mal digerito da molti dei giocatori, che vorrebbero poter usufruire quantomeno delle proprietà curative di questa interessante pianta.

Mediche, sì, perché di rimuovere una limitazione sull’uso allo scopo ricreativo della sostanza non sembrerebbe esserci, almeno per il momento, alcuna possibilità.

Si è espresso sugli stessi toni David Stern, ex commissario di federazione dell’NBA, che ha chiesto a gran voce la rimozione del divieto per i giocatori NBA, a patto che ne facciano uso per scopi medici.

Curioso però che fu proprio una battaglia di Stern di qualche anno fa a permettere l’ingresso dei cannabinoidi nella lista di sostanze proibite.

Siamo comunque lontani dalle sentenze draconiane dell’antidoping europeo: per chi fuma erba o hashish il regolamento NBA prevede in prima istanza una multa di 25.000 dollari, e successivamente una sospensione di 5 partite per ogni uso ripetuto.

Il tutto in un clima paradossale, dove ai giocatori vengono prescritti antidolorifici estremamente pesanti e che presentano un conto molto salato all’organismo perfetto di questi atleti, sia in termini di danni permanenti, sia in termini di possibilità di sviluppo di dipendenza.

In un paese, gli Stati Uniti, dove la dipendenza da oppiacei utilizzati come anti-dolorifici è diventato un enorme problema sociale per tutte le fasce della popolazione, continuare a proibire l’utilizzo di cannabis agli sportivi sembra davvero antesignano.