Recentemente è emerso un rapporto, alquanto controverso, secondo cui l’istituto Nazionale della Salute americano (NIH) ha finanziato per quasi mezzo secolo la ricerca israeliana sulla cannabis. Per arrivare alle origini di questo rapporto una premessa è necessaria.
Se sei un appassionato ed hai a cuore la cultura della cannabis non puoi ignorare l’esistenza del Dr. Raphael Mechoulam.
Il Dr. Mechoulam è uno scienziato che lavora in Israele e che è stato il primo uomo in grado di isolare nel 1964 il THC. Il dottore, oggi 86enne, ha dedicato il resto della sua carriera allo studio della cannabis e dei suoi vari usi medici, arrivando a pubblicare quasi 400 studi scientifici, 200 dei quali proprio sui cannabinoidi. Nel 1982 è diventata celebre una sua tesi che sostiene che se la cannabis fosse legale, sostituirebbe immediatamente il 10-20% di tutti i medicinali farmaceutici.
Ebbene, negli anni ‘60, Mechoulam chiese all’istituto Nazionale della Salute americano dei fondi per la sua ricerca sulla cannabis. Purtroppo i fondi gli furono negati, fedeli alla linea proibizionista.
Tuttavia, secondo un rapporto Newsweek, un anno dopo la prima richiesta, Mechoulam ricevette una telefonata dal NIH. A quanto pare, dopo che un senatore degli Stati Uniti beccò il figlio che fumava cannabis, chiamò il NIH per scoprire quali effetti realmente causasse la cannabis al cervello. Nessuno aveva la risposta a questa domanda. Dopo questo accaduto il NIH concesse alla ricerca di Mechoulam 100.000$ all’anno per continuare gli studi sugli effetti della cannabis sulla salute. Questo finanziamento è durato per oltre 50anni ed ha permesso numerose scoperte importantissime riguardanti questa pianta tanto demonizzata.
Durante quel periodo Mechoulam e la sua squadra hanno scoperto un grosso potenziale medico nella pianta della cannabis. Dalle ricerche i risultati suggeriscono che:
- I cannabinoidi aiutano il recupero dopo una lezione cerebrale;
- I cannabinoidi hanno proprietà neuroprotettive;
- Il cannabidiolo (CBD) ha proprietà antipsicotica;
- I cannabinoidi possono aiutare in presenza di malattie autoimmuni;
- CBD riduce l’incidenza di diabete e aiuta nei casi di epilessia.
Questi sono solo alcuni dei risultati ottenuti dal dottore e dal suo team premiati con numerosi riconoscimenti per il lavoro svolto. Ai giorni nostri, in Israele l’industria della cannabis medica è in fiore. I pazienti possono accedere alla cannabis medica per il cancro, per il dolore cronico, disturbo da stress post-traumatico, l’epilessia pediatrica, l’artrite e la malattia di Crohn.
Nel 2013 il NIH ha pubblicato uno studio che ha descritto come gli endocannabinoidi svolgano un ruolo importante in “essenzialmente ogni malattia umana”. Il governo degli Stati Uniti attualmente detiene un brevetto sui cannabinoidi come antiossidante neuroprotettivo che è utile per malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.
Il Dr. Alan Shackelford, docente di Harward, medico che prescrive cannabis medica in Colorado, spiega che i medici non hanno avuto alcuna difficoltà a prescrivere l’erba prima dell’epoca del “Reefer Madness” (è un film d’exploitation statunitense del 1936. Girato inizialmente con il titolo di Tell Your Children aveva un evidente intento propagandistico riguardo ai pericoli di una presunta o forse simulata diffusione tra i giovani della pratica di fumare marijuana). Shackelford racconta a Newsweek :”la marijuana è stata parte integrante della medicina americana per più di 100 anni, dal 1830 al 1940, ed è stata usata in modo sicuro ed efficace per tutto questo tempo.”
I “pro” della liberalizzazione della cannabis, soprattutto a scopo terapeutico, ormai non si contano più, mentre si vanno depennando i “contro” accumulati in questi anni di proibizionismo grazie anche a ricercatori come il Dr. Mechoulam. Mi domando solo quanti e quali interessi ci siano dietro a questa pianta e quanto ancora dovremmo aspettare affinché se ne possa usufruire senza passare per drogati o cattive persone. Ai posteri l’ardua sentenza.