La neo-industria uruguaiana della cannabis, unica nel suo genere, ha incontrato un ostacolo durante il suo prolifico cammino: le leggi finanziarie internazionali contro il riciclaggio di denaro sporco stanno forzando gli istituti finanziari, ovvero le banche, a chiudere i conti delle farmacie e delle imprese che legalmente vendono cannabis nel paese sudamericano.
Le farmacie dell’Uruguay hanno iniziato a vendere cannabis a partire da quest’estate grazie ad una famosa legge del 2013 che ha reso il paese sudamericano il primo al mondo ad aver legalizzato interamente la marijuana, dalla produzione alla vendita.
Questa rivoluzione sembra però essere durata pochissimo: molte farmacie ed imprese legate alla produzione e alla vendita della cannabis stanno infatti pensando di chiudere completamente questo tipo di business, e questo perché le banche hanno deciso di chiudere loro i conti.

Ma perché le banche, e soprattutto le banche internazionali, dalle quali Montevideo dipende in larga percentuale, hanno deciso di chiamarsi fuori? Il motivo è tanto semplice quanto ridicolo: gli istituti bancari stranieri, ed in particolare quelli statunitensi, non accettano soldi da una attività considerata illegale da leggi federali statunitensi, che è formalmente paragonata al narcotraffico dalle norme anti-riciclaggio.
“Se le imprese e le farmacie che sono legati al business della cannabis non abbandonano tale business, la BROU e i suoi clienti si ritroverebbero isolati a livello finanziario ed impediti dall’eseguire operazioni con gli altri istituti internazionali” riferisce Polgar, presidente del BROU, ovvero il Banco de la Republica Oriental del Uruguay.
A pensarla nella stessa maniera ci sono anche i colossi di un’altra grande banca, la Santander, di cui un comunicato afferma che “essendo una banca operativa a livello globale, con clienti in moltissimi paesi, è doveroso osservare le norme che regolamentano la finanza internazionale”.
Altri grandi istituti bancari come Scotiabank ed Itaù hanno reso noto che attueranno misure analoghe.
Alcune farmacie hanno già annunciato pertanto di essere costrette a chiudere questo di tipo di attività. “La verità è che noi non sapevamo che questo potesse accadere”, dice il ministro dell’economia Danilo Astori, “una strada deve essere trovata, e la soluzione deve essere soprattutto creativa”.
Adolfo Garce, politologo dell’Università della Repubblica dell’Uruguay, afferma quanto segue: “Aver contribuito a tutto questo progresso, aver piantato e raccolto marijuana e averla consegnata alle farmacie, per poi non essere in grado di venderla a causa di problemi che non avevamo previsto, è un colpo molto duro“.
I produttori di cannabis hanno sperimentato simili difficoltà negli Stati Uniti, dove diversi Stati hanno legalizzato la marijuana per uso medicinale o ricreativo. Le leggi federali antidroga statunitensi vietano alle banche di lasciare che questi produttori mantengano dei conti, obbligandoli ad operare in contanti. L’agenzia di rating del credito Standard and Poor’s stima che solo 300 di 12.000 istituti finanziari negli Stati Uniti fanno affari con i produttori di cannabis.
Secondo gli esperti l’unica soluzione possibile, che gioverebbe non solo all’Uruguay, ma agli Stati Uniti e a tutti gli stati in cui la presenza di istituti di credito bancari è forte, è proprio quella di depennare la cannabis dalla lista delle sostanze proibite, modificando dunque le leggi federali a stelle e strisce. Molti deputati democratici e repubblicani hanno annunciato il loro appoggio ad una legge che faciliti il commercio della cannabis negli stati degli USA dove essa è legale. Il business della cannabis vale miliardi di dollari negli USA, e vede davanti a sé periodi di crescita esponenziale.
Sebbene le intenzioni siano buone, l’amministrazione del presidente Donald Trump non ha ancora regolamentato l’intero settore finanziario che c’è dietro il gigantesco mercato della cannabis, nonostante le promesse che egli aveva fatto durante la campagna elettorale; Jeff Sessions, ministro della giustizia statunitense, ha anzi ripetuto che sotto la presidenza di Trump rimarranno le dure restrizioni. Restrizioni che pongono la cannabis sullo stesso piano di LSD, eroina ed oppiacei.

Tabaré Vazquez, presidente dell’Uruguay, ha annunciato un viaggio negli Stati Uniti per cercare una soluzione che possa permettere al sistema di continuare a funzionare. D’altro canto, Pepe Mujica, padre della legalizzazione ed ora senatore, ha giustamente fatto notare che questo braccio di ferro tra leggi che regolamentano la finanza e le imprese non fa altro che favorire il narcotraffico ed il mercato illecito.