
Il cancro al seno è uno dei tumori femminili a maggiore incidenza e, ormai, guarda sempre meno all’età. Le terapie negli ultimi anni si sono evolute notevolmente, ma sono ancora tanti i casi di donne che, purtroppo, non sopravvivono alla malattia. Ecco perché i ricercatori sono sempre alla ricerca di nuovi approcci terapeutici, con l’obiettivo di abbattere drasticamente il numero di decessi annuali.
Per dare qualche numero specifico al proposito, ricordiamo che, secondo l’American Cancer Society, saranno circa 40.000 le donne che, in questo 2017 quasi alla fine, non sopravviveranno al cancro alla mammella. Le stime sono state prese in considerazione su un totale di circa 250.000 casi nei 12 mesi dell’anno.
Qualche informazione sul cancro al seno
Il cancro alla mammella è una condizione caratterizzata dalla proliferazione anomala delle cellule del seno. Le tipologie più diffuse di tumore maligno al seno tendono a formarsi nei condotti che portano il latte al capezzolo, così come nelle ghiandole stesse che producono il latte materno.
Nel primo caso si parla di carcinoma duttale, mentre nel secondo di carcinoma lobulare. Come già ricordato, il cancro al seno è uno dei tumori più diffusi tra le donne. Nello specifico si tratta del secondo tumore più comune.
I tassi di mortalità ad esso legati sono diminuiti notevolmente a partire dagli anni ‘80. I cambiamenti positivi appena ricordati sono dovuti in particolare alla diagnosi precoce e alla prevenzione, che comprende l’attenzione all’alimentazione e all’attività fisica. Quali sono le terapie utilizzate per affrontare il tumore? In primo piano troviamo senza dubbio la rimozione della massa tumorale tramite intervento chirurgico.
Nei casi più invasivi, l’approccio chirurgico prevede la mastectomia, ossia la rimozione dell’intero seno. Nelle situazioni meno gravi si ricorre alla quadrantectomia, che prevede la rimozione di una quarta parte del seno, ma anche alla nodulectomia, ossia l’eliminazione chirurgica di una piccola massa tumorale, delle dimensioni di un nodulo appunto.
In molti casi, alla rimozione chirurgica seguono la chemioterapia o la radioterapia.
Cannabis e cancro al seno
La cannabis è oggetto d’interesse da parte di ricercatori e pazienti affetti da cancro al seno. Nella maggior parte dei casi, si pensa a questa soluzione come a un’alternativa per tenere sotto controllo gli effetti collaterali delle terapie, in primo luogo la nausea causata dalla chemio.
Alcune prove cliniche, però, hanno portato in luce la capacità dei cannabinoidi di gestire la crescita del tumore stesso.
Negli anni sono stati effettuati diversi studi per cercare di capire qualcosa di più in merito. Uno dei più recenti risale al 2011. Pubblicato sulle pagine della rivista Molecular Cancer Therapeutics, prende in considerazione gli effetti del CBD, il cosiddetto cannabidiolo. Il metabolita non psicoattivo della cannabis sarebbe in grado di inibire la sopravvivenza dei recettori estrogeni del seno.
Ciò può portare alla morte delle cellule tumorali, preservando quelle sane presenti all’interno del tessuto mammario. Questo non è l’unico studio sugli effetti del CBD nelle terapie contro il cancro al seno.
Un altro da citare è stato pubblicato sulle pagine della rivista Breast Cancer Research And Treatment. Condotto da un team di ricercatori attivi presso il California Pacific Medical Center di San Francisco, ha rilevato che il CBD può essere in grado di ostacolare la crescita delle cellule tumorali, intaccando la massa principale.
Un’altra celebre ricerca ha analizzato gli effetti del THC. Risalente al 2010 e pubblicato sulle riviste Molecular Cancer, ha individuato che il 91% dei casi di carcinoma alla mammella con recettori ormonali positivi si esprime nei recettori CB2.
Sia il THC sia il JWH-133, cannabinoide sintetico non psicoattivo, interagirebbero con i recettori bloccando la proliferazione delle cellule tumorali.
Da citare quando si parla di cannabis e di cancro sono gli studi di Guillermo Velazco e Manuel Guzman, professori presso l’Università Complutense di Madrid. Le loro ricerche rappresentano un punto di riferimento internazionale quando si parla degli effetti della cannabis sulle cellule tumorali.
Secondo i loro studi il THC sarebbe in grado di inibire le cellule tumorali, portandole alla morte e provocando quindi l’apoptosi. Il metabolita psicoattivo della cannabis, inoltre, sarebbe capace di intervenire sulla nutrizione delle cellule tumorali, bloccando la crescita dei vasi sanguigni, che vengono creati dalla massa tumorale una volta raggiunta una determinata dimensione.
Non tutti gli studi si riferiscono al tumore al seno. Rappresentano comunque delle prove molto interessanti per arrivare a chiarire il quadro degli effetti della cannabis sulle cellule cancerogene.
Fondamentale a tal proposito è ricordare che, oggi come oggi, non ci sono evidenze cliniche definitive per parlare della cannabis come di una valida soluzione contro il cancro.
La ricerca, però, va avanti e ogni risultato positivo è confortante.
Cannabis ed effetti collaterali del cancro
La cannabis, come già specificato, può rivelarsi una valida soluzione per tenere sotto controllo gli effetti collaterali della chemioterapia. Nella maggior parte dei casi, i cannabinoidi hanno esiti positivi contro nausea, vomito e dolori.
Per concludere
Come sopra specificato, la ricerca non è ancora a un punto definitivo per quanto riguarda gli effetti antitumorali della cannabis.
Le prove in merito agli esiti del THC e del CBD sulle cellule tumorali sono numerose e riguardano diverse neoplasie, tra le quali è possibile ricordare il cancro al seno. La ricerca sta progredendo ma, per ora, non ci sono sufficienti dati per arrivare a una conclusione chiara.
In attesa di informazioni scientificamente definite, non rimane che tenere d’occhio le novità della scienza e, soprattutto, i cambiamenti normativi riguardanti l’utilizzo della cannabis e della cannabis terapeutica in particolare.