Cannabis terapeutica nel trattamento del cancro al fegato

Quando si parla di cannabis terapeutica, è fondamentale prendere in considerazione anche le potenzialità, senza dubbio rilevanti, nel trattamento di alcune patologie gravi, come per esempio le neoplasie. Essenziale in particolare è chiamare in causa il cancro al fegato, una condizione potenzialmente fatale.

In medicina sono state classificate diverse tipologie di cancro al fegato. Una delle più comuni è il carcinoma epatocellulare, che colpisce gli epatociti, ossia le principali cellule del fegato.

Causato da una crescita anomala di cellule che si aggregano tra loro per formare la massa tumorale, il cancro al fegato è causato da diversi fattori. Nell’elenco dei più comuni è possibile includere l’epatite e il consumo di alcol, che causa la cirrosi epatica.

I fattori di rischio del cancro al fegato comprendono anche il diabete e alcune patologie ereditarie. Nelle prime fasi della malattia, è difficile che si manifestino dei sintomi.

Quando si verificano le prime manifestazioni, il cancro spesso è già aumentato notevolmente e la vita del paziente si complica notevolmente.

Il cancro al fegato, generalmente, viene trattato con un intervento chirurgico. Questo accade nei casi in cui la massa tumorale non è eccessivamente grande.

Quando non è possibile ricorrere alla chirurgia, ai pazienti vengono somministrati trattamenti chemioterapici.

Cannabis terapeutica contro il cancro

La cannabis è oggetto di interesse sempre maggiore da parte della comunità medica internazionale, impegnata nella ricerca di soluzioni per il trattamento del cancro.

Cannabinoidi come il THC e il CBD hanno già ricevuto approvazione sia da parte dei medici, sia da parte dei pazienti. Uno degli aspetti più interessanti del loro utilizzo riguarda il trattamento degli effetti collaterali dei trattamenti chemioterapici, in primis della nausea.

La ricerca, però, sta indagando più a fondo gli effetti di questi metaboliti, che potrebbero avere degli esiti a dir poco sorprendenti.

Gli studi di maggiore impatto ha avuto inizio negli anni ‘80. In quel periodo, infatti, sono iniziate indagini relative in particolare al THC. I risultati hanno portato alla luce un ruolo fondamentale del metabolita psicoattivo nell’interruzione della moltiplicazione di cellule leucemiche coltivate in vitro.

Altre ricerche hanno indagato gli effetti del CBD, il cosiddetto cannabidiolo. Anche in questo caso i risultati sono stati confortanti. Gli studiosi, infatti, hanno notavo che questo metabolita non psicoattivo della cannabis è in grado di arrestare la proliferazione di cellule tumorali coltivate in vitro.

Quali sono le tipologie di cancro analizzate in studio? Come sopra specificato troviamo la leucemia, ma anche il tumore al seno e quello al cervello. Diversi studi si sono invece concentrati sugli effetti dei cannabinoidi sulle cellule tumorali che aggrediscono il fegato, alterano la funzionalità.

Per fare un esempio in merito è il caso di ricordare che, nel lontano 1996, i ricercatori del Programma Nazionale di Tossicologia hanno messo in campo un esperimento della durata di due anni, prendendo in considerazione gli effetti su alcune cavie di laboratorio, alle quali sono state somministrate delle dosi di THC.

I ricercatori che hanno condotto lo studio, hanno osservato una minore incidenza di adenoma epatico e di carcinoma epatocellulare.

Interessante da citare è uno studio più recente, risalente al 2011 e condotto da due professori attivi presso l’Università Complutense di Madrid. I due ricercatori che lo hanno condotto sono considerati dei punti di riferimento mondiali per quanto riguarda gli studi sulla cannabis terapeutica nel trattamento del cancro.

Nel succitato studio del 2011, hanno individuato che il THC e l’antagonista sintetico del recettore CB2 hanno effetti antitumorali sui topi affetti da cancro al fegato.

Gli studi di Guzman e Velasco – questi i cognomi dei due ricercatori spagnoli – hanno coinvolto anche gli effetti dei cannabinoidi sulle cellule di tumori cerebrali, come per esempio i gliomi.

Diverse altre equipe di ricerca si stanno impegnando su questo fronte, indagando gli effetti dei metaboliti della cannabis su cellule tumorali della pelle, del seno, del colon e dei polmoni.

Guzman e Velasco nei loro lavori chiamano in causa due meccanismi specifici tramite i quali i cannabinoidi intervengono sulle cellule tumorali.

Da ricordare prima di tutto è che sono in grado di provocare la morte cellulare, scientificamente nota come apoptosi. Stimolano infatti un percorso di stress che attiva questo tipo di risposta.

Fondamentale è ricordare che i cannabinoidi sono letteralmente capaci di affamare i tumori. I metaboliti della cannabis, infatti, sono in grado di ostacolare la crescita dei vasi ematici che forniscono sostanze nutritive alla massa tumorale.

Uscendo dall’ambito degli studi, è bene specificare che diversi pazienti hanno parlato in termini entusiastici delle loro esperienze con la cannabis nel corso del trattamento del cancro.

La cannabis può curare il cancro?

I risultati appena riportati, di primo impatto, possono sembrare rivoluzionari. Bisogna però fare una precisazione: oggi come oggi, parlare dei cannabinoidi come di una soluzione definitiva contro il cancro è troppo presto.

Per capire meglio la situazione è il caso di citare una dichiarazione di Donald Abrams, oncologo presso lo UCSF Osher Center for Integrative Medicine di San Francisco.

In diverse occasioni, ha affermato che, in 33 anni di pratica oncologica, ha visto la maggior parte dei pazienti che ha curato utilizzare la cannabis e che non tutti sono sopravvissuti.

Per ora, quindi, non esistono prove cliniche definitive per quanto riguarda l’efficacia della cannabis nel trattamento del cancro. Gli studi con esiti interessanti continuano ma, come già specificato, è presto per parlare di quadri definitivi.

Nel frattempo, non si può che apprezzare i cambiamenti normativi relativi alla cannabis che, anno dopo anno, si stanno susseguendo nel mondo.