Con la sigla THC si è soliti indicare il principio attivo che si trova nelle infiorescenze della pianta di marijuana. Le proprietà benefiche della cannabis e dei cannabinoidi (più di 100) sono innumerevoli e uno nuovo studio dell’Università di Bonn, in Germania, non fa altro che dare ulteriori conferme a quanto fino ad ora sostenuto. Non dovremo quindi stupirci eccessivamente nello scoprire che, tra le innumerevoli capacità di tale pianta vi è anche quella di rallentare notevolmente il processo di invecchiamento celebrale.
Secondo gli studiosi e i ricercatori di tutto il mondo il THC, ovvero il tetraidrocannabinolo, sarebbe capace di dar vita all’insorgere di particolare processi chimici e fisiologici che aiuterebbero a decelerare in maniera notevole alcune tra le più gravi e problematiche tipologie di demenza e di deterioramento cognitivo che porta alla perdita di molte facoltà intellettive. Più semplicemente, il THC è una sostanza che sembra essere in grado di combattere alcuni tra i più fastidiosi effetti collaterali dovuti anche all’avanzare dell’età. Delle simili conclusioni sono state tratte in seguito al completamento di numerosi studi portati a termine in alcune tra le più prestigiose università scientifiche della Germania.
I risultati delle ricerche in questione sono stati pubblicati e resi noti nel corso dell’8 maggio 2017 sul noto magazine Nature Medicine. La canapa quindi si conferma essere come una pianta che ha interessanti applicazioni per fini terapeutici. Gli studi, almeno per quanto riguarda la fase iniziale, sono stati portati avanti facendo numerose sperimentazioni su cavie da laboratorio. Questa specie di roditori è stata scelta a causa del loro ciclo vitale piuttosto breve e sono stati paragonati con altri ratti, di uguale peso, età e grado di salute, ai quali invece veniva iniettato solamente un placebo, ovvero una sostanza totalmente sprovvista di principi attivi. I risultati ottenuti sono stati… “stupefacenti”. Sin da subito è stato riscontrato un evidente miglioramento nelle condizioni cognitive dei roditori ai quali è stato somministrato il farmaco realmente funzionante.
I test sono stati effettuati su topi anziani, i quali avevano un età superiore ai dodici mesi. I risultati, una volta ottenuti, sono poi stati confrontati con gli esemplari che avevano un età anagrafica pari ad uno o due mesi. I ricercatori hanno quindi potuto riscontrare come, in seguito al trattamento con THC, le capacità cerebrali dei ratti più anziani si siano avvicinate a quelle dei roditori più giovani.
Il THC interviene ed agisce sulla zona dell’ippocampo, ovvero quella zona del cervello che nell’uomo è collocata nel lobo temporale. Il ruolo rivestito dall’ippocampo è fondamentale per mantenere in buono stato la memoria a lungo termine, oltre che per tenere vive le capacità di apprendimento e di attenzione. Per riuscire a capire in maniera ancora più mirata l’importanza dell’organo in questione, basti pensare che con il morbo di Alzheimer, malattia che porta inevitabilmente allo sviluppo di una grave e molto precoce demenza degenerativa, l’ippocampo è, senza dubbio, la zona del cervello che viene colpita maggiormente.